2014, Rum Travels – Jamaica, Negril
“One love, one heart” recitava una vecchia canzone del grande Bob Marley, e non si discosta molto dal clima dell’isola e della sua gente.
Bimbi che corrono a piedi nudi per strada, musica reggae che si diffonde da qualsiasi macchina o abitazione, un clima di spensierato amore per la vita: la Jamaica di certo non colpisce per lo sfarzo ed il lusso, al contrario, ma l’area che si respira ha qualcosa di magico che trapela dagli immancabili sorrisi della gente del posto.
Guidare tra le strade di questa isola non è certo una impresa facile, ma a dispetto di tutto quello che si sente dire sulla pericolosità di questa terra, è una esperienza meravigliosa. Un vero rum traveller, non dovrebbe mai trascurare di vivere il paese in cui il rum viene prodotto, soprattutto quando si parla di una terra tra le più famose e ricche di tradizioni in merito.
Il rum in Jamaica non è solo un distillato, ma uno stile di vita. Soprattutto il rum bianco a pieno grado; il famoso White Overproof. Si beve certo, di solito miscelato con succo di pompelmo e ghiaccio, ma è anche un ottimo rimedio per la calvizie, un medicinale naturale, usato come unguento, in caso di raffreddore e febbre ed un disinfettante non solo antibatterico, ma spirituale. Quando si costruisce una nuova abitazione, bisogna versare nelle fondamenta una bottiglia di White Overproof per allontanare i duppies (gli spiriti maligni), se si cambia abitazione invece bisogna versarne il contenuto nei quattro angoli della camera da letto. Se un bambino sta male, gli si bagna la testa con il White Overproof e se si ha la febbre o il raffreddore ci si deve bagnare il capo ed il petto con il rum.
Inoltre mai aprire una bottiglia di rum e cominciare a berla se prima non si è dato agli spiriti la loro parte, versandone una piccola parte in terra.
Arrivati a Negril il panorama cambia notevolmente, siamo nella parte “turistica” dell’isola, spariscono (all’apparenza) le baracche e si ergono sulla lunga spiaggia (7 miles beach) lussuosi alberghi e raffinati residence. Ma la vera Jamaica è li, voltato l’angolo. A volte semplicemente voltando la testa dalla parte opposta, mentre si cammina sulla Norman Manley Road, la via di Negril che costeggia la spiaggia.
In hotel incontriamo un simpatico ragazzo del posto, Kelvin Robinson, a cui proponiamo di condividere con noi un paio di giorni, di portarci con lui a cena, di farci vedere la vera Jamaica e non quella riservata ai turisti. Da questo momento in poi il sapore del nostro viaggio assume i contorni della vera esperienza, di quella che auguro a tutti, almeno una volta, di fare.
La sera dell’arrivo andiamo a cena in un posto tipico, poco frequentato dai turisti, in cui per la prima volta assaggiamo il Jerk Chicken accompagnato da Rice and Peas ed insalata locale, il tutto accompagnato da JB e Ting, ovvero un Rum White Overproof locale con succo di pompelmo. Divino.
JB è un rum fino ad una quindicina di anni fa illegale, dalla popolazione locale chiamato anche kulu-kulu (colocolo). Si suppone che l’acronimo JB derivi originariamente dal John Crow Batty, un avvoltoio piuttosto comune in Jamaica, in quanto l’effetto che questo rum aveva sulle viscere dell’uomo era simile a quello che l’avvoltoio fa alle carcasse. In pratica era un distillato “rubato” dalle distillerie dell’isola dagli operai che ci lavoravano, spesso non rettificato e ad altissimo grado; il che lo rendeva anche nocivo per la salute (presenza di metanolo). Per combattere la diffusione di questo “veleno” tra la popolazione locale, la J.Wray&Nephew ha deciso di mettere in commercio un nuovo White Overproof ad un prezzo più abbordabile per il mercato locale, con note leggermente più dolci rispetto al Wray&Nephew White Overproof, chiamandolo proprio JB. Il successo di questo rum nel nord dell’isola è decisamente clamoroso, tanto che la gente del posto usa chiamarlo Jamaican Best (acronimo di JB).
Il giorno successivo, dopo aver trascorso qualche ora nella paradisiaca spiaggia di Negril, decidiamo di provare finalmente l’esperienza di una serata “da Jamaicani”. Incontriamo Kelvin dopo il lavoro e ci porta a visitare la sua casa ed il suo piccolo villaggio, ci fermiamo in un “one stop bar”, molto diverso da quelli turistici, ovvero in una piccola baracca/bar in cui poter consumare alcool, vivande, fumo. Dopo aver attraversato il piccolo villaggio, su una strada non asfaltata all’interno di un bosco, ci ritroviamo di fronte a questo bar. Un anziano balla davanti al bar con un bicchiere in mano, dei bimbi giocano tra le abitazioni e nel bar il simpatico oste ci accoglie con un sorriso enorme “Yaman, respect”. Yaman, lo sentirete dire milioni di volte, è il Patwa per Yes Man, che vuol dire un pò tutto. E’ un modo per salutare, per assentire, per esprimere stupore ed è anche un usatissimo intercalare.
Dopo lo stop, in cui beviamo un JB & Boom (energy drink locale), andiamo a casa di Kelvin dove conosciamo la sua famiglia e la sua piccola bimba. Per cena invece… pesce! Poco oltre Negril, alla fine della Norman Manley Road e della spiaggia, la strada si inerpica su un piccolo villaggio di pescatori ed assume il nome di One Love Street. Non è inusuale in questa strada trovare piccole taverne gestite dai pescatori stessi in cui viene cucinato e servito il pescato del giorno. Nel caso specifico ci siamo fermati in un taverna chiamata “Swordfish”.
Dopo la cena, attraversata la strada, un piccolo stop in un piccolo baretto sulla strada per quello che Kelvin definisce il “cool down”, ovvero una birra ghiacciata dopo il rum bevuto a pasto e subito dopo via sulla spiaggia, a Bourbon Beach, famoso nella zona per essere l’unico posto in cui si può assistere regolarmente a concerti raggae di gruppi locali.
Ventiquattro ore per sentire nello spirito e nel cuore il mood jamaicano, solo ventiquattro ore apparentemente, ma di una intensità clamorosa. Questa è la Jamaica, questo è il rum. Uno spirito nello spirito. Un distillato che porta addosso i segni di un intero popolo. Bere rum è un rito, è magia, è scoperta. Ogni volta che alzate un bicchiere, pensate che state bevendo un sorso della terra d’origine. Quel bicchiere non è solo un drink.
Laciamo Negril e Kelvin a malincuore, con la promessa che ci rivedremo presto e ci dirigiamo verso Trelawny e la distilleria Hampden, ma di questo parliamo nella prossima pagina di diario.